In queste pagine, dense e graffianti quanto utili a chi intende davvero osservare le proprie zone d’ombra, Marucchi ci conduce in una profonda immersione nel lato più oscuro della psiche umana, in quelle parti giudicate riprovevoli, indegne, perfino “malate”, e perciò rinnegate e oggetto di un continuo – quanto vano – sforzo di estirpazione, proponendo rispetto a esse un approccio di segno opposto: sviluppare complicità – invece che rifiuto – con le aree in cui si annida quel “male” che siamo capaci di riconoscere all’esterno, ma molto meno all’interno di noi, onde riconoscere il loro ineliminabile influsso sul nostro modo di essere e vivere e dunque riappropriarci del potere di farne uso, anziché esserne inconsapevolmente usati. Il dialogo con le parti rinnegate della psiche conduce a una trama che collega il sesso e il piacere alla morte e alla predazione e apre nuove prospettive di indagine interiore, soprattutto considerato che queste parti di noi, per quanto rinnegate, sono non solo sempre pienamente operative, ma anche profondamente connaturate alla psiche umana, che non può definirsi tale in assenza di esse. Osservazioni, riflessioni, intuizioni e accostamenti quanto mai scomodi nella loro lucidità a capacità di cogliere nel segno, ma in grado di ricomporsi in un mosaico, personale e collettivo, che osa trovare poesia e romanticismo nelle tenebre.
«Non esiste alcun rifugio dal male, se non dimorare a stretto contatto con il male stesso. Preservarsi e proteggersi ad ogni costo da qualunque contatto con il male è parte del problema stesso. È proprio così che si amplifica il pericolo. È urgente ristabilire un contatto con la propria profondità. Rafforzare il legame con le proprie radici. Sostare nei pressi della sorgente oscura che ci abita. Ciò che è provocante per l’ombra, è provocatorio per la luce».