VISIONE E FANTASIA: LA POTENZA CREATIVA DI WILLIAM BLAKE

VISIONE E FANTASIA: LA POTENZA CREATIVA DI WILLIAM BLAKE

VISIONE E FANTASIA: LA POTENZA CREATIVA DI WILLIAM BLAKE

di Silvia Tusi
Pubblicato sul blog il 29/6/2024

«Vedere un Mondo in un granello di sabbia / E un cielo in un fiore selvatico / Tenere l’infinito nel palmo della mano e l’Eternità in un’ora».

William Blake

L’arte di Blake racchiude in sé una profonda coerenza che è il segno del genio. Per tutta la vita egli ha sempre portato avanti l’idea di mettere in mostra ciò che vede, il suo rapporto col divino, con la natura, facendo tesoro del dono speciale della veggenza senza nascondersi, comunicandolo agli altri tramite la poesia e la pittura.

«L’arte è l’incarnazione del maggior sforzo immaginativo possibile nella forma più chiara e accurata. La percezione è l’unione di soggetto e oggetto; e la creazione è il completamento di questa unione».

Indubbiamente la potenza evocativa delle immagini di Blake, combinata alla forza incredibile dei suoi versi, contiene un’energia propria, scaturita dalle incredibili visioni dell’artista, da quella che lui stesso definisce immaginazione, dal rapporto diretto col divino e con esseri superiori. Spiritualità e arte per Blake sono intimamente legati. Lui stesso nel poema Il Matrimonio del Cielo e dellInferno (1792) scrive la frase resa poi celebre da Aldous Huxley: «Se si pulissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe all’uomo come essa veramente è, infinita. Poi- ché l’uomo s’è da se stesso rinchiuso, fino a non vedere più le cose che attraverso alle strette fenditure della sua caverna».

La spiritualità di Blake affonda le radici in un misticismo che va al di là di una singola religione, non abbraccia solo una confessione religiosa ma si collega semplicemente al concetto infinito di Dio, riscontrabile in qualunque credo, filosofia o dottrina, e rifiuta anzi ogni forma di religione organizzata e la legge morale basata sul ‘dovere’. I suoi simboli spesso rimandano a dottrine molto lontane dall’Europa, come ad esempio il minuscolo fregio col quale conclude spesso l’ultima tavola dei suoi poemi. Esso raffigura un serpente sul quale troneggia la scritta finis, attorcigliato a un tralcio di rose su cui si muovono uomini e donne, a simboleggiare il tempo e l’energia sessuale, la forza che sprigiona da ognuno di noi. Non si può fare a meno di pensare all’energia Kundalini, al serpente che, risvegliato, passa attraverso i chakra e sprigiona una forza e una potenza illimitate.

La simbologia in Blake è del resto fortemente reinterpretata e bisogna fare attenzione alle sue parole per non cadere in interpretazioni troppo didascaliche. Ad esempio, per lui l’Inferno è sì il regno del male, ma è anche luogo della vita, dell’immaginazione e di pensatori liberi e originali; il Cielo è il luogo del bene, ma anche di cieca ubbidienza alle regole, ai dettami religiosi. Per tale motivo egli propone un matrimonio, perché l’esistenza di entrambi consente di vivere una vita più piena, ricca d’istintualità e rivoluzione, ma altresì amorevole verso se stessi e gli altri, votata appunto al bene e all’azione, lasciando che l’Energia trionfi sulla Ragione, perché «Colui che desidera ma non agisce nutre Pestilenza».

I suoi scritti, parallelamente ai dipinti e alle illustrazioni, racchiudono tutti i mondi da lui visti, sperimentati e narrati. Secondo Blake non ci può essere gioia senza dolore, non si può vivere in una stato perenne di felicità, occorre necessariamente sperimentare tutte le emozioni, vivere l’impermanenza. Tutto ormai è delimitato e ha una sua consistenza, come il dolore. I concetti su cui Blake, in scrittura e pittura, torna sempre sono: la contrapposizione tra anima e corpo, l’incapacità della Scienza di superare certi confini, l’esigenza di giungere a uno stato di impermanenza che solo può consentire all’uomo di liberarsi e accogliere nuovamente la visione.

Tratto da Oltreconfine 1, Spazio Interiore 2015

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